Il Convento di Santa Maria della Stella e Chiesa del SS. Crocifisso
Antico cenobio aperto al culto alla fine del XVII sec. (“Hoc Coenobium / Erectum Fuit / A.D. 1864”), è stato residenza dei Frati Minori Francescani. Santuario Diocesano, dopo esserlo stato per la Provincia dell’Ordine, oggi è riconosciuto dal MIC, Bene di Interesse Culturale.
Faro di Spiritualità e Scrigno d’Arte Sacra. Il complesso conventuale custodisce, infatti, preziosi capolavori scultorei e pittorici, un patrimonio artistico, mistico e affettivo di valore inestimabile. Di primo piano le maestranze artistiche che vi hanno operato nel corso dei secoli, su committenza dei frati, dei Signori e dei fedeli: da Domenico Guarino di Napoli, al fiammingo Guglielmo Borremans, a Nicola Federici da Forenza, a Fra Angelo da Pietrafitta.
Il complesso architettonico, di dimensioni notevoli, conserva intatta la struttura interna ed il campanile, mentre risulta rimaneggiata a fondo la facciata esterna della Chiesa. Al piano terra sono presenti il chiostro, il refettorio, le cucine, la sacrestia e la Chiesa, mentre al piano superiore sono situate le anguste celle dei frati, il locale dell’antica biblioteca e alcune aule di studio.
Chiesa di struttura basilicale a tre navate, presenta in quella di destra un preziosissimo altare di legno intagliato e dorato dedicato a “Santa Maria della Stella”, con una tela, in esso incastonata che la raffigura, attribuita al Monogrammista NF (Nicola Federici da Forenza) del XVIII sec.
Sulla parete della navata centrale si erge, monumentale, la macchina barocca dell’altare maggiore in pietra e stucco dorato, opera di maestranze napoletane. Tre tele di Domenico Guarino, del XXVIII sec.: il “Cristo condannato dal Sinedrio”, la “Pietà”, ai lati, ed in alto: il “Padre Eterno, fanno da cornice alla grande nicchia centrale, che, tra due colonne tortili delle due coppie presenti, accoglie la preziosa e imponente statua in legno di rovere scolpito e dipinto di “Cristo in Croce”, affiancata dalle statue anch’esse lignee dell’”Addolorata” e di “San Francesco”. Questa composizione scultorea policroma rappresenta “Il Calvario Francescano”, caro alla tradizione iconografica dell’Ordine di San Francesco.
Il Crocifisso, risalente alla fine del XVII sec., è stato attribuito a Fra Angelo da Pietrafitta ed è ritenuta tra le più belle realizzazioni scultoree della produzione dei Crocifissisti francescani di scuola calabro-sicula del Seicento.
Commuovente e sconcertante nello stesso tempo, l’espressività veristica declinata nella voluminosa corona di spine, nella numerosità delle piaghe e dei lividi sparsi su tutto il corpo, nelle profonde escoriazioni della cute, nelle ferite, le maggiori delle quali, tra i lembi aperti, lasciano intravedere persino i tessuti sottocutanei e posteriormente, lungo il rachide, i corpi vertebrali, mentre è grondante di sangue che si riversa abbondante quella del costato. Tuttavia l’esperienza più emozionante la si sperimenta seguendo la mutevolezza dell’espressione assunta dal volto a seconda del punto di osservazione.
Da sinistra il volto di Cristo, ancora vivo, sembra accennare un lieve sorriso; osservandolo di fronte appare agonizzante e ansimante, la bocca leggermente aperta con la lingua che appena vi sporge, e sotto l’occhio sinistro una lacrima sembra che stia lì lì per cadere. Man mano che ci si porta verso destra l’espressione diventa sempre più tesa e drammatica, il capo che si reclina sulla spalla destra, il labbro contratto da una smorfia di dolore, infine il volto da sofferente si fa disteso, quieto, fino a coglierne l’avvenuta morte.
In questa scultura, che la leggenda ritiene essere stata ultimata grazie ad un intervento soprannaturale, si coniugano impareggiabilmente l’umanità e la divinità di Cristo, tanto che la comunità forenzese e “le popolazioni non solo delle terre circonvicine ma anche delle provincie contigue”, che ancora oggi, per devozione, si recano a Forenza in occasione della festività del SS. Crocifisso, la venerano come immagine prodigiosa “risplendente di miracoli per ogni dove” ( … miraculis undique coruscanti dicatum…). Allorafu tale la risonanza che alla Chiesa del SS. Crocifisso di Forenza venne riconosciuto il titolo di secondo Santuario della Provincia Francescana, assurgendo successivamente, il Convento, a sede di Noviziato e del Collegio Serafico.
Una leggenda popolare si è tramandata nei secoli: racconta che Fra Angelo, dopo aver portato a compimento il corpo di Cristo si addormentò profondamente, esausto e stanco, per non essere riuscito, pur avendoci provato più volte, a scolpirne la testa. Al risveglio viene colto da stupore in quanto, davanti a sé, l’opera, in tutta la sua magnificenza, si presenta completa anche del capo che si sarebbe materializzato grazie ad un intervento soprannaturale ad immagine e somiglianza di Cristo, forse portato in terra da un Angelo.
Alle spalle dell’altare maggiore continua la rappresentazione della Passione del Signore, con un ampio telere formato dalla “Flagellazione”, dall’”Incoronazione di Spine”e dalla “Salita al Calvario con la Veronica”, del XVIII sec, opere realizzate dal pittore fiammingo Guglielmo Borremans, disposto di fronte ad un “Coro Ligneo”, decorato, risalente al XVII sec.
Nella sacrestia, arredata con bella mobilia in noce eseguita tra la fine del 600 e l’inizio del 700, sono conservati un inginocchiatoio del Settecento con vetri decorati a fuoco e una Pala lignea con medaglioni ispirati alla Passione del Guarino, della stessa epoca. Uscendo dalla sacrestia si raggiunge l’ampio chiostro costituito da un quadriportico a pianta quadrata al cui centro trova posto un bellissimo pozzo in pietra.
E per concludere, nei locali dell’antico Refettorio, oggi adibiti a Pinacotena, sono custoditi, tra le altre, opere pittoriche settecentesche del Monogrammista NF, presente con “Le nozze di Cana”, e dell’artista napoletano Domenico Guarino con “La Comunione degli Apostoli”.
Nel Convento sono ancora custoditi paramenti sacri in raso e seta di pregevole manifattura del XVIII e XIX secolo.